L'ABC della storia dell'economia mondiale. Dalla crisi del sistema di Bretton Woods all'attuale globalizzazione.
Conoscendo le tappe storiche fondamentali che ci hanno portato all'attuale situazione dell'economia globale si possono comprendere meglio le attuali manovre politiche sul piano nazionale e internazionale.
[Articolo tratto dalla videolezione della prof.ssa Lucia Valenzi dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, che ringrazio]
1. Premessa. I sistemi
monetari internazionali
Le regole monetarie
internazionali a partire dalla fine dell'800 stabiliscono il tipo di riserve
delle banche centrali: il Gold Standard prevede solo riserve
in oro, il Gold Exchange Standard prevede anche riserve in
valuta pregiata.
Fino alla prima
guerra mondiale la stragrande maggioranza dei metalli auriferi veniva impiegata
per coniare moneta circolante, mentre un’altra quantità del tutto identica
finiva nei depositi delle Banche Centrali e del Tesoro, coprendo sia i crediti
che le banconote. Il contenuto aureo di ogni moneta restava sempre lo stesso
per molto tempo e veniva fissato dalla legge. Quello della sterlina, ad
esempio, era di 7, 322 grammi di oro puro; quello del dollaro era di 1, 505
grammi di oro puro.
La Gran Bretagna,
nel 1925, ritornò al sistema ante bellico, seguita nel 1927 dalla Francia, e le
banche centrali affiancarono alle riserve auree alcune valute convertibili
(sterline, dollari, franco francese, eccetera) dando vita al Gold Exchange
Standard. Con il nuovo sistema alcune monete furono dichiarate direttamente
convertibili in oro, mentre altre, come la lira italiana, non lo erano, pur
restando direttamente scambiabili in monete classificate pregiate che erano
convertibili.
Si stabilì anche la natura dei cambi in due tipologie. Nel sistema a cambi fissi le banche centrali si impegnano a controllare i rapporti tra le monete per evitare oscillazioni: in questo caso la politica prevale sull’economia. L’impegno a mantenere un tasso di cambio fisso è un modo per sottoporre a una ferrea disciplina le autorità monetarie di un paese e per prevenire eccessi nell’offerta di moneta; ne consegue una maggiore volatilità del reddito e dell’occupazione. Nel sistema a cambi flessibili è il mercato dei cambi che decide: la politica monetaria è utilizzata anche per scopi diversi dal mantenimento di un tasso di cambio; ne consegue una stabilizzazione dell’occupazione o dei prezzi, benché l’incertezza del valore del cambio ostacoli il commercio internazionale.
2. Gli accordi di
Bretton Woods. Il FMI e la Banca Mondiale
Nella cittadina di
Bretton Woods, nel New Hampshire, si svolse dall’1 al 22 luglio 1944 la
conferenza che prese il niome della località e che portò alla creazione
della Banca Mondiale e del Fondo Monetario
Internazionale (FMI).
Fu in tale conferenza che vennero siglati gli accordi che diedero vita ad un sistema di regole e procedure volte a regolare la politica monetaria internazionale con l’obiettivo di governare i futuri rapporti economici e finanziari, impedendo di ritornare alla situazione (dovuta anche a pratiche protezionistiche, a svalutazioni dei tassi di cambio, alla scarsa collaborazione tra i Paesi in materia di politiche monetarie) che diede vita al secondo conflitto mondiale. I due principali compiti della conferenza furono perciò quelli di
1) creare le condizioni per una stabilizzazione dei tassi di cambi rispetto al dollaro (eletto a valuta principale) e
2) eliminare le situazioni di squilibrio determinate dai pagamenti internazionali (tale compito fu affidato al FMI).
Per il
raggiungimento del secondo fine vennero istituti il Per il raggiungimento del
secondo fine vennero istituti il Fondo Monetario Internazionale e
la e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo ("Banca
mondiale"), due importanti istituzioni che diventarono operative nel
1946.
Secondo il sistema
definito da Bretton Woods il dollaro era l’unica valuta convertibile in
oro in base al cambio di 35 dollari contro un oncia del metallo prezioso.
Il dollaro poi venne poi eletto valuta di riferimento per gli
scambi. Alle altre valute erano consentite solo oscillazioni limitate in un
regime di cambi fissi a parità centrale.
Gli accordi di Bretton Woods del 1944 hanno permesso e garantito un periodo piuttosto lungo di prosperità economica nel dopoguerra e quindi un sistema di scambi internazionali basato sul dollaro e non soltanto sull’oro.
3. Il ruolo del FMI
L'istituzione fu creata con l’obiettivo di vigilare sule nuove regole e sul sistema dei pagamenti internazionali. Per aderire al Fondo Monetario Internazionale ogni Stato doveva versare una quota in oro e una in valuta nazionale sulla base delle quali veniva deciso il suo peso decisionale. L’obiettivo iniziale del Fondo inizialmente era quindi di controllare la liquidità internazionale e di coadiuvare i vari Stati nel caso di difficoltà nella bilancia dei pagamenti.
4. Il Piano Marshall e
l' "età dell’oro"
Dopo la seconda guerra mondiale furono gli Stati vinti (Germania, Giappone e anche Italia) ad avere uno sviluppo straordinario. L’apparato produttivo era stato colpito, ma non in maniera catastrofica, per cui venne rimesso in moto senza difficoltà. Fondamentale per l’Europa occidentale, e l’Italia in particolare, fu la politica di aiuti americana del Piano Marshall. Nel 1948 negli Usa le riserve auree erano il 70% delle riserve auree mondiali.
5. La costruzione
dell’Europa
Sull’onda della grande crescita economica del dopoguerra si colloca la fondazione delle istituzioni europee. Prima la CECA, la CEE e poi il MEC creano una unità europea dal punto di vista economico. L’unità politica mai pienamente realizzata avviene a tappe. Durante un travagliato percorso di conferenze politiche e referendum negli Stati europei - dagli accordi di Maastricht del 1992 al trattato di Lisbona del 2007 - viene creata l'Euro, la moneta unica, in una prima fase del tutto virtuale e quindi, nel 2002, divenuta moneta reale.
6. Eurodollari e
petrodollari
Negli anni Settanta iniziano processi di globalizzazione dell’economia e di una nuova divisione internazionale del lavoro. Potentissime imprese multinazionali dominano l’economia mondiale e utilizzano prevalentemente il dollaro. La quantità di dollari fuori dal controllo della Federal Reserve Bank usati nelle transazioni europee (eurodollari) e quelli riciclati e investiti dai produttori di petrolio (petrodollari) cresce enormemente (da 14 miliardi nel 1964 a 160 nel 1973 e a 500 miliardi nel 1978).
7. La fine del sistema
Bretton Woods e il nuovo ruolo del FMI
La guerra del
Vietnam e il forte aumento della spesa pubblica e del debito americano,
segnarono la fine del sistema istituito a Bretton Woods. Il 15 agosto
1971, a Camp David, Richard Nixon, sospese la convertibilità del dollaro in
oro a causa delle sempre crescenti richieste di conversione in oro che
avevano causato una forte riduzione delle riserve auree. Il dicembre
del 1971 segnò l’abbandono degli accordi di Bretton Woods da parte dei
membri del G10 (il gruppo dei dieci paesi formato da Germania, Belgio,
Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Regno Unito,
Svezia). Con lo Smithsonian Agreement per rimediare al
conseguente caos monetario si decise una svalutazione del dollaro del 7,9%
fissando un cambio di 38 dollari per oncia d'oro, senza tuttavia ripristinare
l'obbligo per gli Stati Uniti di scambiare dollari con oro. Furono anche
modificati i tassi di cambio tra le altre monete e si stabilì una banda di
oscillazione del 2,25% attorno alle nuove parità.
Tuttavia le
istituzioni create a Bretton Woods sopravvissero ma si trovarono a
ridefinire priorità e obiettivi. In particolare, il FMI ha visto cambiare
di fatto il proprio ruolo di sorveglianza. Venuto meno con i cambi
flessibili e l’abbandono dello standard aureo la necessità di gestire la
liquidità internazionale, l’attenzione del FMI è stata portata sulle politiche
macroeconomiche interne perseguite dai membri e sugli elementi
strutturali dei loro mercati. Venne data priorità all’obiettivo di
finanziamento degli squilibri della bilancia dei pagamenti dei paesi in via di
sviluppo trasformando il FMI da prestatore a breve termine a prestatore a lungo
termine.
Il FMI si trovava
quindi investito del compito di effettuare prestiti vincolati al rispetto di
specifiche condizioni e di piani di rigorosa stabilizzazione macroeconomica.
Una funzione che il FMI mantiene ancora oggi come dimostrano i recenti sviluppi
collegati alla crisi dell’Euro che vedono il Fondo prestatore di prima istanza
insieme all’Ue con i recenti piani di salvataggio di Grecia, Irlanda e
Portogallo.
Con la fine del sistema Bretton Woods i governi si vedono sopraffatti dal libero e tumultuoso mercato, in balia della speculazione finanziaria. La sovranità del mercato finì con l’aumentare enormemente il divario tra paesi ricchi e paesi poveri.
8. La crisi petrolifera
del 1973
Nel 1973
interviene la crisi petrolifera. Viene aumentato il prezzo del
petrolio da parte dell’Organizzazione dei paesi produttori di greggio (OPEC). È
però l’unica volta che si assiste ad un aumento definito politicamente
e diplomaticamente, in quanto emiri arabi e altri produttori investono
abitualmente nelle borse occidentali e non sono quindi interessati a
turbamenti dell’economia occidentale. La crisi apre tanti problemi nuovi anche
dal punto di vista culturale, con il successo di una nuova coscienza ecologista
e la ricerca di soluzioni alternative al petrolio.
9. I paradisi
fiscali off-shore
Nello stesso periodo si moltiplica il fenomeno degli off-shore, paradisi fiscali con una tassazione ridotta o addirittura inesistente. Si possono definire così i paesi in cui si spostano i capitali, per trovarvi una tassazione inferiore almeno del 30% a quella del paese di origine. Ovvii gli aspetti di illiceità fiscale in tali spregiudicate manovre.
10. La politica
economica di Reagan
Tentativi di controllo anticrisi vengono effettuati per un certo periodo dalla banca governativa americana, con operazioni di espansione o restringimento dell’economia, cioè interventi inflattivi o deflattivi. Il presidente americano Reagan insiste su una politica liberista: nel 1981 decide di aumentare l’indebitamento americano svalutando il dollaro; si tratta di un’operazione aggressiva, che permette un rilancio dell’economia americana verso l’esterno e provoca tensioni.
11. La riduzione del welfare
Negli anni Ottanta vengono ridotti gli interventi di welfare. Il primo esempio è la politica della Tachter in Inghilterra che riduce le protezioni di tipo sociale. Quasi dovunque aumenta la flessibilità e la precarietà a causa della concorrenza del lavoro mal retribuito dei Paesi emergenti. L’invecchiamento della popolazione, dovuta alla diminuzione della crescita demografica nei Paesi ricchi, mette in crisi le politiche di previdenza sociale.
12. Le nuove tecnologie
Le ICT, le innovazioni tecnologiche dovute all’informatica e alla telematica hanno agevolato la globalizzazione dell’economia. La crescita ha però creato molte illusioni. Benché il PIL mondiale sia nel 2000 di ben sette volte quello del 1950, i problemi attuali hanno portato a ragionare sulla negatività dell’eccesso di sviluppo. Alcuni propongono un rallentamento o addirittura una “decrescita”.
13. I Paesi emergenti
Avviene una forte differenziazione tra i Paesi che sono stati definiti in passato “in via di sviluppo”. I casi più noti sono quelli della Cina e dell’India (quest’ultima ha uno sviluppo molto significativo in settori altamente qualificati). Ma anche il Vietnam e il Brasile hanno una crescita molto alta (rispettivamente l’8,4% e il 6%). Anche molti Stati africani crescono del 5% l’anno e la Cina investe grandi capitali in Africa. Nonostante le scelte neoliberiste il protezionismo non è mai scomparso da alcuni settori. Ad esempio, mentre tradizionalmente era funzionale all’industria, oggi è forte per l’agricoltura europea, che viene molto protetta a discapito di quella degli altri Paesi.
14. Globale e
"glocale"
Si creano rapporti molto stretti tra le aziende di tutto il mondo anche grazie al fenomeno della delocalizzazione. Le aziende si spostano nei paesi meno forti economicamente, sfruttandone la mano d’opera a basso costo. La sperequazione tra i Paesi porta ad una forte pressione di migranti verso i paesi occidentali. Tutto ciò mette in crisi il sistema degli Stati, inclusi G8 e G20. Paradossalmente la globalizzazione produce nuove forme di particolarismo locale, la "glocalizzazione",termine introdotto dal sociologo Zygmunt Bauman per adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà locali, in modo da studiarne le relazioni con gli ambienti internazionali.
15. L'ultima crisi
economica
L’economia
statunitense vede oggi una forte penetrazione del capitalismo cinese e la sua
crescita notevolmente rallentata. Nello stesso tempo è andato in crisi un
sistema generalizzato di eccesso di indebitamento combinato a prodotti finanziari
di cattiva qualità come i mutui subprime.
Un'ascesa
vertiginosa nel tasso di insolvenza di questi mutui, nel 2007, ha costretto
decine di agenzia di credito al fallimento, provocando il collasso dei prezzi
delle loro azioni e, di riflesso, ampi effetti sul settore abitativo americano
e in definitiva sull'intera economia statunitense.
Ma le vere cause
dell’attuale crisi economica, la più grave dal dopoguerra, sono negli
eventi degli ultimi decenni di globalizzazione dei mercati e delle economie, che
ha messo in seria difficoltà le piccole aziende e le produzioni locali. In
particolare si è creata una sproporzione abissale tra redditi da lavoro e
redditi da capitale: i redditi da capitali sono molto maggiori rispetto ai
redditi da lavoro e, di conseguenza, le diseguaglianze e le ingiustizie sociali
crescono al punto da essere un problema per l’economia globale.
E’ avvenuta insomma una trasformazione dell’economia politica capitalista dal E’ avvenuta insomma una trasformazione dell’economia politica capitalista dal keynesismo del dopoguerra a del dopoguerra a neoliberismo attuale: da una crescita economica attraverso la redistribuzione dall’alto verso il basso si è passati ad una crescita economica attraverso la redistribuzione dal basso verso l’alto.
Milano, 9 maggio 2016 Avv. Giovanni Bonomo
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Ti ho fatto riflettere e vorresti scrivermi? gbonomo1@gmail.com, ma un commento è altrettanto gradito per un confronto aperto con altri lettori.