#DIGITALE. Il digitale nella comunicazione del terzo millennio
Gli indubbi vantaggi di "essere digitali" quando si ha spirito imprenditoriale unitamente a pensiero critico.
Nel sempre attuale dibattito tra apocalittici catastrofisti e integrati ottimisti di fronte alle strabilianti novità dell’incessante evoluzione della tecnologia digitale, vorrei svolgere ancora qualche considerazione, ovviamente schierandomi con i secondi, sui vantaggi di “essere digitali” e su come sta cambiando il mondo [1].
Il
digitale sta trasformando il nostro modo di vivere, il rapporto tra uomo e
uomo, uomo e macchina, macchina e macchina (Internet delle Cose), la nostra
stessa vita quotidiana, il modo di lavorare, abitare e comunicare. Ne ho
parlato nelle recenti note sulle criptovalute, sulla Blockchain, sulla Internet
of Everything, sulla I.A. Intelligenza Artificiale e sulla A.I. Amplificazione
dell’Intelligenza [2].
Nelle
mie videonote “Mode e modi della
comunicazione. Riflessioni sull’informazione nel terzo millennio” spiego
l’importanza, nell’attuale scenario multimediale, di valutare criticamente
tutte le nuove informazioni e di comunicare umanamente, ad iniziare dalla
relazione tra genitori e figli. Proprio per quel rapporto stretto che unisce
lingua e cultura non possiamo non constatare tutti – ora che la lettura viene
stimolata da vari terminali dei nuovi media più che da libri e riviste, come
lo smartphone e il tablet – l’impoverimento della nostra
lingua e il trionfo dello stereotipo, della frase fatta, del modo di dire, dei
neologismi barbari. Nella comunicazione globale del terzo millennio,
insomma, si trascura la ricchezza del nostro vocabolario: ma ciò vale
anche per le altre lingue e culture [3].
Non
me ne vogliano gli amici networkers ma l’alibi di comodo di questa
rassegnazione al degrado culturale è dire: “l’importante è farsi capire”… non
importa da chi… stiamo correndo sempre, con illuminata ignoranza, verso
l’abecedario, comprensibile a tutti…
Ora,
se in questo florilegio di parole del parlar comune, che sono sempre le stesse,
si cercasse almeno di cambiare e diversificare attingendo con più ponderazione
alla nostra ricchezza lessicale prima di dare la colpa al – o di elevare a
pretesto il – digitale… il fatto di risparmiare tempo cercando in
Google ha come contropartita una maggior riflessione e ponderazione
delle informazioni e delle notizie che troviamo.
Non
prendiamocela con Internet, adesso, dopo che ce la siamo presa, insieme a Karl
Popper, con la televisione cattiva maestra: come si può cambiare canale,
trovando anche ottimi programmi e documentari storici e scientifici, possiamo
navigare con discernimento nel Web tra un sito e l’altro. Ma il primo zapping da
applicare è quello al nostro cervello, per arguire e desumere in fretta, perché
l’informazione si è amplificata e velocizzata, sviluppando un pensiero
critico e vigile.
La
comunicazione del terzo millennio, audiovisiva e spettacolare, si fonda su
Internet, sui servizi giornalistici anche divertenti, sul giornalismo di
inchiesta de Le Iene o di Striscia la Notizia, e tale informazione
spattacolarizzata può fondarsi anche sulle bufale, potendo essere la
notizia creata da qualsiasi soggetto in Rete e diffusa poi, benché falsa,
tramite i social media.
Questo
non toglie però che, in fine dei conti, è meglio così oggi rispetto a ieri:
meglio cioè una overdose di notizie, anche false – che costringono ad
una capacità di discernimento del lettore – piuttosto che la penuria di
informazione e l’assenza di pluralismo.
Oggi
i grandi quotidiani online non combattono più una partita ad armi pari con i
classici concorrenti cartacei, ma si scontrano ad armi impari con i
grandi motori di ricerca, in una partita dal finale imprevedibile. I nuovi
mezzi a disposizione del lettore possono anche essere la causa della
diminuzione dei ricavi dell’editoria, di certo è che la crescita dei
ricavi da advertising nel mercato di Internet premia chi già nasce
digitale.
Ma
questo scenario apparentemente dominato dal mercato può presentare nuove
opportunità per tutti solo che si comprendano i meccanismi della
nostra società digitale e multimediale, figlia del neoliberismo che
premia i più ricchi ma non per questo totalmente negativa per i comuni
cittadini.
Come
spiego nel mio blog di informazione sui nuovi modelli di business per i
quali manca una vera informazione, il mercato della pubblicità in
Rete è il più importante strumento di emancipazione che ci resta,
una straordinaria opportunità, che inizia con il terzo millennio [4].
Il
digitale rende le persone sempre più interconnesse e può
rappresentare l’inizio di un’intelligenza condivisa che ci farà progredire a
livelli inediti. Forse si realizzerà quel fenomeno di apprendimento e di
comunicazione collettivi che crea una sorta di supermente o General
Intellect – nel campo della filosofia il fenomeno riconduce a quello
“spirito universale” dell’umanità rinvenibile negli scritti di Hegel e poi
anche di Nietzsche – espressione utilizzata nel campo del diritto, per spiegare
l’Open Source, frutto di un processo
di formazione continuativa e decentrata della conoscenza condivisa, nella
creazione di un software, da più programmatori che sommano le loro
intelligenze.
Milano,
21 novembre 2017 avv. Giovanni Bonomo
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[1] Tra
gli apocalittici vi è chi addirittura predica la morte del’umanesimo e l’alba
di un nuovo credo: la religione dei dati, come lo storico israeliano Yuval Noah
Harai, nell’opera “Homo Deus. Breve storia del futuro”, Bombiani ed.
2017.
[2] In
due interviste, una su Affari
Italiani e l’altra su Il
Sole 24Ore spiego le potenzialità della tecnologia digitale a
proposito dell’architettura alla base del Bitcoin, denominata Blockchain, e del
mercato della pubblicità in Rete.
[3] Di
queste riflessioni abbiamo fatto tesoro dopo l’incontro, organizzato da
Candide C.C. due anni fa, con il giornalista ed esperto di comunicazione
Paolo Corticelli: https://www.unimeier.eu/assets/pdf/dipartimenti/scienze-comunicazione/mode-e-modi-della-comunicazione.pdf
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